Se c’è una cosa che può dare soddisfazione rispetto a tutte le altre, appena si diventa genitori, è la consapevolezza di lasciare al mondo una eredità di se, di quello che siamo.
I figli sono e saranno la testimonianza della nostra esistenza, della nostra vita, di tutto quello che abbiamo combinato nel bene e nel male, da giovani ed immortali a maturi e realistici.
E solo in questo momento, mentre lo sto scrivendo, riesco a pesare il valore di quello che io e mia moglie (santa) abbiamo fatto. I nostri due figli Lucio e Lorenzo porteranno con se per tutta la vita non solo qualcosa di biologicamente ereditabile, ma molto probabilmente anche alcuni elementi comportamentali appartenenti a me e mia moglie (santa Santorum): dal colore degli occhi al modo di grattarsi la testa.
Ciononostante credo fermamente in quello che il poeta libanese Kahlil Gibran scrive nel suo libro Il profeta, a proposito dei figli: I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Loro non saranno mai noi.
Questo non vuol dire che i figli siano autonomi in tutto e per tutto fin da bambini. I figli vanno educati, vanno seguiti e sono convinto che inizialmente sia giusto anche imporre loro determinate scelte ed azioni per poi pian piano spronarli seguendo le loro emozioni.
Chiaramente, quando si viene a sapere che da li a nove mesi si diventerà genitori, poi pure di due gemelli, non è che uno si mette a fare tutti sti conti e discorsi sulla biologia, sull’educazione sociale o se ci assomiglieranno o no e bla bla…
La cosa che incredibilmente diventa prioritaria, udite udite, è la scelta dei nomi.
Eh si, avete letto benissimo, i nomi. E adesso? Come li chiamiamo?
Ora non è questo il post in cui spiegheremo con che criterio abbiamo scelto i nomi ai nostri figli, (per questo c’è un altro post dedicato).
Ma solo i genitori di gemelli sanno che non è così banale insegnare al proprio gemello che uno è Lucio e l’altro è Lorenzo. Ed una volta che tu e tua moglie avete capito il metodo, bisogna pretenderlo anche dagli altri, soprattutto dai nonni.
Chi è genitore di un figlio (o di un figlio alla volta) non ha di questi problemi. Tizio sarà sempre Tizio, per tutti. Tizio qua Tizio là. Tizio fai questo, Tizio vieni qua, Tizio Tizio Tizio.
Quel povero cristo dopo manco una settimana saprà perfettamente come si chiama.
Ma i Gemelli?
Come fai a far capire a Lucio che quando chiami Lucio, deve girarsi proprio lui? Perché lui e non l’altro? E chi è l’altro? Lorenzo? O sono io Lorenzo?
Eh eh! Facile a dirsi, un po’ meno a farsi.
E come si risolve?
Io e mia moglie ci siamo documentati su esperienze altrui, libri e alla fine abbiamo deciso di non chiamarli mai quando erano insieme ma solamente quando erano da soli. Quindi volutamente ci separavamo andando ogni tanto in due stanze diverse e rivolgendoci loro chiamandoli per nome. Mentre quando eravamo insieme li chiamavamo guardandoli sempre negli occhi, mai con loro o noi voltati. Insomma bisogna fare attenzione.
A differenza di un figlio solo, con i gemelli ci vuole più tempo e metodo. Già i bambini devono far fronte al concetto dell’ “io”. Figuriamoci con i gemelli. Io chi? E questo vale sia per i gemelli monozigoti che per i gemelli eterozigoti.
Con questo non volevo scoraggiare nessuno, piuttosto come al solito volevo ribadire che per chi ha i Gemelli, nulla è scontato, mentre con Uno? Che ce vò!
Se avete avuto un’esperienza simile da condividere vi rimando al link dei post.